MANIFESTO LEGA CONSUMATORI LOMBARDIA PER EXPO 2015

DOCUMENTO BASE PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO:

IL TEMA DI EXPO 2015 NUTRIRE IL PIANETA

Proposto e approvato

  1. Partire dalle diseguaglianze .

 

Il nuovo rapporto redatto nel 2013 da Oxfam International sulle ineguaglianze ha prodotto risultati a dir poco sconcertanti. Il denaro guadagnato dai 100 uomini più ricchi del mondo nel solo 2012, basterebbe a cancellare la povertà nel mondo per 4 volte. Il gruppo ha invitato i leader mondiali a impegnarsi a ridurre le disuguaglianze ai livelli del 1990, e a contenere gli estremi di reddito su entrambi i lati.

 

Il Forum Economico Mondiale di Davos del 2013 ha affermato, in accordo con il Fondo Monetario Internazionale, che l’ineguaglianza è uno dei maggiori rischi globali del momento. L’uno per cento più ricco del mondo ha visto il proprio reddito aumentare del 60 per cento negli ultimi 20 anni; l’ultima crisi finanziaria mondiale è servita solo ad accelerare, piuttosto che ostacolare, il processo.

 

L’estrema ricchezza e l’ineguaglianza sono in aumento, e stanno raggiungendo livelli mai visti in precedenza. In Cina, il 10% più ricco della popolazione incassa il 60% del reddito; ancor più grave è la situazione in Sudafrica, il Paese connotato dal maggior livello di ineguaglianza al mondo, molto maggiore rispetto ai tempi dell’apartheid. Anche in molti dei Paesi più poveri l’ineguaglianza è in rapida crescita. A livello politico, l’ineguaglianza genera corruzione ed attenuazione della democrazia.

 

  1. il  tema delle grandi ricchezze

“Il tema delle grandi ricchezze non è solo etico, ma economico, viste le inefficienze di sistema che si generano, e poi politico, per via delle divisioni sociali e i danni all’ambiente”, spiega Elisa Bacciotti, Direttrice Campagne di Oxfam Italia. “Il fatto che la ricchezza di pochi possa diffondere benessere è una favola, anzi è vero quasi sempre l’esatto contrario. La concentrazione delle risorse nelle mani dell’1% della popolazione mondiale ha depresso le attività economiche e reso la vita di tutti più difficile. In particolare di coloro che si trovano ai gradini più bassi della scala economica. In un mondo dove anche le risorse fondamentali, come terra e acqua, scarseggiano sempre più, non possiamo permetterci di concentrare il massimo della ricchezza nelle mani di pochi, lasciando alla stragrande maggioranza solo la possibilità di lottare per spartirsi quel che resta”.

  1. L’impatto della grande ricchezza e delle disuguaglianze sull’ambiente naturale

L’insostenibilità di tale situazione è testimoniata, ad esempio, dal fatto che l’1% dei super-ricchi ha un impatto sull’ambiente 10.000 volte superiore a quello di un cittadino medio degli Stati Uniti. Oxfam invita i leader mondiali a imparare dalla lezione che viene da paesi come il Brasile, dove il rapido sviluppo non ha negato il principio di uguaglianza; o a prendere esempio dal New Deal di Franklin D. Roosevelt, che favorì la riduzione della disuguaglianza e il contrasto ai diritti acquisiti, dicendo già nel 1936: “Per troppi di noi la conquista dell’uguaglianza politica non avrebbe avuto senso a fronte di una perdurante diseguaglianza economica”.

  1. Le disuguaglianze e il tema della sostenibilità

La Banca Mondiale afferma che, dal punto di vista ambientale, i Paesi con una distribuzione meno disuguale della terra sono più equi e più efficienti, e si sviluppano più rapidamente. La crescente scarsità di risorse fondamentali come la terra e l’acqua, con la loro conseguente monopolizzazione da parte di pochi privilegiati, fa venir meno le possibilità di un futuro sostenibile. La riduzione della povertà diventa più difficile quando le risorse sono più scarse. Le società connotate da una distribuzione meno disuguale della ricchezza riescono meglio ad affrontare i disastri ambientali e meteorologici, e sono maggiormente in grado di ridurre le emissioni nocive.

  1. Rapporto tra povertà e degrado ambientale

Degrado ambientale e povertà si intrecciano inestricabilmente, innescando un circolo vizioso nel quale la povertà genera difficoltà ambientali e, a sua volta, perpetua ulteriore povertà, diffondendola in giro per il mondo.

Secondo i dati delle Nazioni Unite, le attività umane stanno causando un deterioramento ambientale quale non era mai stato visto in precedenza:

– Ogni secondo le emissioni di biossido di carbonio sono superiori alle 200 tonnellate, contribuendo all’innalzamento della temperatura mondiale, mentre si stima che circa un miliardo di persone in tutto il mondo respiri aria inquinata, al di sotto degli standard minimi fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità;

– Ogni giorno vengono distrutti circa 47.000 ettari di foresta, mentre 346.000 ettari di terra divengono deserto. Si pensi che metà della deforestazione causata dalle attività umane si è verificata negli ultimi 20 anni;

– Ogni giorno si stima inoltre che dalle 100 alle 300 specie animali si estinguano.

La povertà esercita una forte pressione sulle popolazioni e sulle nazioni, in special modo nei Paesi in via di sviluppo, che spinge questi soggetti ad impegnarsi in attività insostenibili ed ecologicamente dannose. I poveri, infatti, in uno sforzo per sopravvivere, e le nazioni povere, in un tentativo altrettanto pressante di pagare il servizio del proprio debito estero, sono costretti ad intraprendere lo sfruttamento delle proprie risorse naturali.

  1. Rapporto tra sviluppo industriale e ambiente naturale

Emergenze: C’è un consenso generalizzato sul fatto che le nazioni industrializzate sono responsabili per la maggior parte dell’inquinamento mondiale – cioè le cosiddette “emergenze strillate” quali, ad esempio, l’innalzamento della temperatura mondiale e l’esaurimento della fascia di ozono che protegge la Terra.

Ma sono le cosiddette “emergenze silenziose” – quali l’erosione dei suoli e l’inquinamento delle acque potabili – che colpiscono direttamente quanti versano in una condizione di povertà estrema. Mancando delle risorse per evitare il degrado dell’ambiente in cui vivono, la loro lotta per la sopravvivenza quotidiana spesso non lascia altra scelta. Ciò che per queste persone viene ad essere messo a rischio, infatti, non è tanto l’ambiente in cui vivono, quanto piuttosto la vita stessa.

Le cause: Molte delle cause del degrado ambientale sono strettamente legate alla povertà. Tuttavia, non solo i poveri sono spesso costretti ad uno sfruttamento ambientale intensivo a causa della scarsezza di cibo e combustibile ma, all’estremo opposto dello spettro, anche i ricchi sfruttano le risorse naturali dei poveri.

7) I ricchi sfruttano le risorse naturale dei poveri .

– Un’ineguale distribuzione delle terre: Non è tanto la mancanza di terra, quanto la sua sperequata distribuzione a spingere i poveri allo sfruttamento degli ambienti marginali. La proprietà della maggior parte delle terre coltivabili, specialmente nei paesi in via di sviluppo, è infatti concentrata nelle mani di piccole minoranze privilegiate, che le utilizzano per colture destinate ai mercati esteri. Costretti a coltivare le terre più fragili quali, ad esempio, i pendii, o le foreste pluviali vergini, i poveri spesso inevitabilmente aggiungono la propria opera al degrado ambientale.

8) La produzione dei paesi poveri e il  commercio

– Condizioni del commercio: Per la maggior parte dei paesi poveri del mondo, il fatturato dell’export dipende dai prodotti dell’agricoltura tropicale che sono vulnerabili alle fluttuazioni od alle riduzioni dei flussi commerciali. Un aumento delle esportazioni richiede sovente il pagamento di un prezzo all’interno del paese in termini di danni all’ambiente e di un aumento della povertà.

– Eccessivo consumo di risorse: Un uso irresponsabile di ricchezze e risorse naturali è largamente responsabile di sregolati modelli di consumo delle risorse, i quali sono pesantemente deviati in favore delle nazioni industrializzate -sebbene meno del 25% della popolazione mondiale viva in questi paesi.

9) Produzione del PIL e difesa dell’ambiente

– Economie ambientalmente cieche: I tradizionali strumenti economici impiegati per calcolare il Prodotto Nazionale Lordo (PNL) e misurare i “successi” del mercato non hanno alcuna componente ambientale. Come conseguenza, essi esagerano il progresso mentre simultaneamente generano delle politiche ambientalmente distruttive. I risultati a lungo termine di questo sfruttamento a breve termine sono devastanti, e spesso aumentano anziché alleviare la povertà. Di seguito alcuni esempi:

– Deforestazione:Nei paesi poveri della cintura tropicale, la distruzione delle foreste volta ad aumentare la produzione alimentare spesso finisce per ottenere un risultato diametralmente opposto. Per esempio, al giorno d’oggi solamente il 2% delle foreste tropicali di Haiti è rimasto intatto ma, solo nell’ultimo decennio, la produzione agricola dell’isola è calata del 15%. In Africa, la mappa della povertà assoluta coincide con quella delle aree deforestate, le quali sono il punto di partenza di ulteriori problemi di carattere ambientale quali, ad esempio, l’erosione del suolo, la perdita delle acque piovane, non più trattenute dalle radici degli alberi ed, eventualmente, la desertificazione; in tal modo, si esauriscono le risorse naturali dalle quali le popolazioni povere dipendono per la loro sopravvivenza.

 

10) L’Overfiscing

– Diminuzione dei banchi di pesce: I poveri sono toccati in maniera sproporzionata dalla diminuzione dei banchi di pesce mondiali, giacché è dai prodotti ittici che essi traggono il 40% delle proteine contenute nel loro regime dietetico. Dal 1950 al 1990, infatti, i volumi del pescato si sono quintuplicati, sostenuti dalle nazioni industrializzate che hanno sovvenzionato società di pesca incoraggiandole ad esaurire le risorse ittiche di mari non sfruttati in precedenza, sovente al largo delle coste delle nazioni in via di sviluppo. Numerose nazioni si sono rese conto dei danni arrecati e si sono accordati per attuare delle misure che possano porre rimedio a tale situazione grazie alla mediazione delle Nazioni Unite; ma perché i danni fatti possano essere superati, ci sarà comunque bisogno che passino degli anni.

11) Difesa dell’ambiente e rifiuti tossici

– Inquinamento e rifiuti tossici: Il danno all’ambiente ed alle popolazioni derivanti dall’inquinamento e dallo scarico di rifiuti tossici è già da tempo evidente. Per esempio, nell’Artico, che ospita numerose popolazioni indigene, livelli sproporzionatamente elevati di contaminanti tossici, prodotti primariamente nelle nazioni industrializzate, avvelenano l’aria e la catena alimentare, esaurendo le fonti di cibo e distruggendo la salute di queste popolazioni impoverite. Al tempo stesso, alcuni fra i paesi industrializzati hanno indirizzato i propri rifiuti tossici verso le nazioni più povere che hanno invece degli standards per la protezione umana ed ambientale deboli, quando non addirittura inesistenti.

13) Gestione dell’ambiente e rapporto con il clima

– Innalzamento della temperatura mondiale: Modelli di produzione e consumo insostenibili, aggiungendosi all’esaurimento delle risorse naturali ed all’aumento dell’inquinamento ambientale, creano anche degli altri problemi, quali per esempio l’innalzamento della temperatura mondiale e l’esaurimento della fascia di ozono, mettendo a rischio la bilancia ecologica del pianeta. Le conseguenze ambientali di questa situazione rinforzano le ineguaglianze sociali e la povertà.

– Perdite insostenibili: Nel lungo periodo, tuttavia, le perdite ambientali finiscono per riflettersi nei bilanci, dal momento che tutte le economie, quelle delle nazioni in via di sviluppo come quelle dei paesi industrializzati, risentono dell’impatto economico causato dal degrado ambientale nel momento in cui i loro raccolti agricoli cominciano a declinare ed i volumi del pescato diminuiscono; mentre cominciano invece a crescere i costi per la depurazione dei rifiuti tossici, per la fornitura di servizi sanitari e per alleviare la fame. In tutto il mondo (ovunque si verifichi), insomma, questo decremento di produttività riduce gli standard di vita, creando ulteriore povertà.

14) La povertà colpisce i  bambini

La povertà colpisce con estrema crudeltà i bambini.  Nel mondo, 1 bambino su 4 soffre di malnutrizione cronica, cioè di carenze dovute a una dieta monotona. Tale condizione compromette notevolmente le loro capacità di apprendimento. Lo prova il nuovo Rapporto di Save the Children, Food For Thoughts (Cibo per il pensiero), che ha seguito lo sviluppo di circa 3.000 bambini di quattro diversi Paesi. Dai risultati dell’indagine è emerso che i bambini denutriti e affetti da rachitismo nei primissimi anni della loro vita hanno riportato significativi svantaggiati nello sviluppo cerebrale rispetto a quelli con abitudini alimentari più adeguate. Studi su bimbi affetti da malnutrizione proteico-calorica hanno mostrato una atrofia del cervello, ossia un restringimento delle cellule cerebrali a causa della mancanza di nutrienti. In particolare, conclude lo studio, i piccoli malnutriti avrebbero conseguito un punteggio più basso del 7% nei test di matematica, avrebbero il 19% in meno di probabilità di essere in grado di leggere un semplice frase all’età di 8 anni e il 12% in meno di essere in grado di scrivere un breve periodo. Avrebbero infine il 13% in meno di possibilità di trovarsi in un grado scolastico adeguato rispetto alla loro età.

La malnutrizione costa, a livello globale, circa $ 500 a persona. Una cifra ottenuta dividendo il costo totale (3,5 trilioni di dollari) per la popolazione mondiale. Un peso sull’economia come risultato della perdita di produttività e dei costi diretti di assistenza sanitaria. Lo rivela l’ultimo rapporto FAO “The State of Food and Agriculture (Lo stato del cibo e dell’agricoltura) – Sofa 2013”, secondo il quale nel nostro pianeta ci sono 868 milioni di persone che soffrono la fame: il 12,5% di tutti i cittadini.

14) La ricerca di un soggetto protagonista diretto: il ruolo del cittadino consumatore

La crisi della è politica anche perché il potere del mondo si sta spostando dalla politica all’economia e alle imprese , alla finanza e alle banche.

Lo spostamento del potere pertanto è verso soggetti privi di legittimità democratica chiamati a decidere sui diritti universali , sul bene comune.

Dobbiamo chiedere alla politica di intervenire promulgando le regole necessarie per contrastare le mire speculative delle oligarchie delle multinazionali che producono un impatto negativo sull’ambiente umano e su quello naturale. C’è una domanda urgente e strategica di governance dello sviluppo economico per il parlamento , il governo e le istituzioni. Però questo da solo non basta.

 

Bisogna aprire gli occhi.

Ci sono scelte decisive che non sono fatte dall’elettore ma dal cittadino consumatore . Si tratta della stessa persona.  Ma mentre l’elettore vota e poi deve aspettare magari cinque anni per poter cambiare idea e scelta, il consumatore ha un potere immediato e continuo sull’ economia  e sulla finanza, sulle aziende e le banche.

Anche grazie alla crisi sta mutando fortemente il rapporto tra consumatore e produttore, declina quella che veniva chiamata la dittatura della pubblicità .Oggi i consumatori sono sempre più in grado di pretendere alta qualità e prezzi convenienti. Essi intendono fruire sempre dei più di una comunicazione interattiva.

I cittadini “clienti” delle aziende  sono molto cambiati negli ultimi anni. Non si muovono più in branchi su autostrade, ma cercano strade laterali, sentieri diversi. Il consumo viene colto come “momento sociale “ e non solo individuale, si afferma la ricerca di nuovi stili di vita, di acquisto familiare e solidale , forme di baratto, di riuso, di altroconsumo per un altrosviluppo.

 

Si creano le condizioni per un salto di qualità : il consumatore da soggetto eterodiretto o suddito si trasforma in soggetto libero, informato, in grado di controllare la moralità delle aziende. Molte multinazionali non devono permettere di subappaltare la produzione in paesi sperduti, senza rispettare regole sindacali e ambientali e non devono permettersi di delocalizzare per un puro ed esclusivo calcolo di profitto creando disoccupazione nello stesso mercato nel quale pretendono di collocare prodotti e servizi. I consumatori hanno una funzione di censura e regolamentazione delle aziende. Le imprese che vogliono aver successo devono proporre ai propri clienti una sorta di partnership: un rapporto alla pari.

Noi sosteniamo che  nell’acquisto di beni e servizi io cittadino consumatore si senta umanamente interessato oltre alla qualità e al prezzo anche  alle condizioni con le quali i lavoratori, specie se donne e bambini, producono quei beni e servizi.

 

Noi ci proponiamo di intervenire per convincere e costringere le imprese al rispetto dei valori e delle norme di eticità e a concorrere lealmente alla realizzazione del bene comune che in una società globalizzata vuol dire costruire le condizioni di vita a misura d’uomo per tutti gli uomini .

 

Ronchi di Massa 28 settembre 2013

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